mercoledì 12 giugno 2013

Istanbul: dagli alberi alle proteste


Probabilmente il verde di Piazza Taksim è stata solo  la scintilla iniziale degli scontri, ma resta singolare il fatto che un sollevamento popolare così ampio e tenace abbia trovato la sua forza aggregante nella difesa di alberature urbane.
Le proteste hanno come fine ultimo la politica autoritaria del governo turco, ma questo centralismo decisionale ha trovato un opposizione altrettanto dura su un argomento "urbanistico".


Una breve sintesi per chi non ha potuto seguire i fatti di cronaca. Nel centro di Istanbul un gruppo ristretto di manifestanti ha iniziato da alcuni giorni l'occupazione del centralissimo Gezi parki  vicino alla piazza Taksim, per protestare contro la programmata  distruzione del parco  ed abbattimento dei circa 600 alberi presenti, vero e prorprio "polmone verde" nel congestionato centro urbano della capitale turca. La polizia è intervenuta con i gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti che chiedono al premier Erdogan di fermare il progetto. Il premier turco in risposta ha intimato ai manifestanti di fermare «immediatamente» la protesta «per evitate ulteriori danni ai visitatori, ai pedoni e ai commercianti». Il capo del governo ha ribadito che non ritirerà il mega progetto urbanistico all'origine delle proteste, che prevede la demolizione del Gezi Parki per la realizzazione di un centro commerciale e uno culturale, oltre al rifacimento di una caserma militare ottomana. Senza entrare nel merito delle ragioni politiche che hanno fatto allargare la protesta anche ad altri temi, convogliando nella piazza raggruppamenti di protestanti molto più numerosi di quelli iniziali, resta da evidenziare come la scintilla della protesta stessa sia stata la difesa di alberi urbani.

Migliaia e migliaia di persone appartenenti a tutte le fasce d’età, di diverso colore politico, di diversa etnia, di diverso livello d’istruzione ed estrazione sociale. Un popolo che afferma la propria libertà di espressione con determinazione. Si può condividere o meno, ma è sicuramente apprezzabile, per chi si occupa di paesaggio,  che questa esigenza nasca (anche) dalla volontà di dire la propria sull'assetto urbanistico della propria città. Ancora più apprezzabile che ciò avvenga in nome della difesa del verde urbano.

Il cartello nella foto chiede: What if they tried to demolish Central Park (New York), Hyde Park (London) or Tiergarten (Berlin) to build a mall?
Ovvero: cosa sarebbe successo se avessero tentato di demolire un parco  per costruire un centro commerciale, negli Stati Uniti, in Gran Bretagna o in Germania?
Noi aggiungiamo e ci chiediamo: cosa sarebbe successo se fosse accaduto in Italia?