Probabilmente il verde di Piazza Taksim è stata solo la scintilla
iniziale degli
scontri, ma resta singolare il fatto che un sollevamento popolare così
ampio e tenace abbia trovato la sua forza aggregante nella difesa di
alberature urbane.
Le proteste hanno come fine ultimo la politica autoritaria del governo
turco, ma questo centralismo decisionale ha trovato un opposizione
altrettanto dura su un argomento "urbanistico".
Una breve sintesi per chi non ha potuto seguire i fatti di cronaca. Nel centro di
Istanbul un gruppo ristretto di manifestanti ha iniziato da alcuni giorni l'occupazione del centralissimo
Gezi parki vicino alla piazza
Taksim, per protestare contro la programmata distruzione del parco ed abbattimento dei circa 600 alberi presenti, vero e prorprio
"polmone verde" nel congestionato centro urbano della capitale turca. La polizia è intervenuta con i gas
lacrimogeni per disperdere i manifestanti che chiedono al premier
Erdogan di fermare il progetto. Il premier turco in risposta ha intimato ai manifestanti di fermare «immediatamente» la protesta
«per evitate ulteriori danni ai visitatori, ai
pedoni e ai commercianti». Il capo del governo ha ribadito che non
ritirerà il mega progetto urbanistico all'origine delle proteste, che
prevede la demolizione del Gezi Parki per la
realizzazione di un centro commerciale e uno culturale,
oltre
al rifacimento di una caserma militare ottomana. Senza entrare nel
merito delle ragioni politiche che hanno fatto allargare la protesta
anche ad altri temi, convogliando nella piazza raggruppamenti di
protestanti molto più numerosi di quelli iniziali, resta da evidenziare
come la scintilla della protesta stessa sia stata la
difesa di alberi urbani.
Migliaia e migliaia di persone appartenenti a tutte le fasce d’età, di
diverso colore politico, di diversa etnia, di diverso
livello d’istruzione ed estrazione sociale. Un popolo che afferma la
propria libertà di espressione con determinazione. Si può condividere o
meno, ma è sicuramente apprezzabile, per chi si occupa di paesaggio,
che questa esigenza nasca (anche) dalla volontà di dire la propria
sull'assetto urbanistico della propria città. Ancora più apprezzabile
che ciò avvenga in nome della difesa del verde urbano.
Il cartello nella foto chiede:
What if they tried to demolish Central Park (New York), Hyde Park (London) or Tiergarten (Berlin) to build a mall?
Ovvero: cosa sarebbe successo se avessero tentato di demolire un parco
per costruire un centro commerciale, negli Stati Uniti, in Gran Bretagna
o in Germania?
Noi aggiungiamo e ci chiediamo:
cosa sarebbe successo se fosse accaduto in Italia?